Descrizione
Giuseppina Sciortino, siciliana, vegetariana, vive a Milano e lavora per una nota società di telecomunicazioni. Laureata in Lingue e Letterature straniere, ha scritto racconti e poesie per vari siti e riviste. L’obiettore di coscienza è il suo primo romanzo edito.
Antonio –
Originalità, scrittura asciutta e perfettamente simmetrica sono il segno distintivo di questo romanzo. A tratti commovente, a tratti tragicomico, per esempio nel modo in cui racconta la claustrofobia del protagonista. Il ritmo è serrato e anche il lessico è adeguato ai contesti narrativi. Man mano che si legge, ci si lascia trascinare dalla narrazione fino ad arrivare all’explicit, forse la parte migliore del libro, un misto di onirico e surreale, un ben calibrato crescendo emotivo, tutto giocato sull’anticipazione. Non era facile trovare un degno finale a una storia così intima, ma la scrittrice ci è riuscita.
Daniela (proprietario verificato) –
“Quello che mi ha subito colpita di questo romanzo, a partire dalla prima pagina, è la scrittura ottima, lo stile che rende perfettamente gli slanci di sincera ispirazione. Ci sono delle scene esilaranti, come quelle relative agli screzi con la vecchia, oppure con i vicini, uno più pazzo dell’altro. Il capitolo dedicato al personaggio di Cristina è meraviglioso, mi ha trasportata altrove e commosso. ll contesto c’è, presente, con le sue peculiarità, ma non è mai invadente, insomma, questo romanzo potrebbe essere ambientato ovunque senza perdere la sua forza. La narrazione creare forti aspettative nel lettore che non vengono tradite.”
Giovanni Proietto –
Giovanni Proietto
L’obiettore di coscienza, questo straordinario libro della vegetariana siciliana che vive a Milano Giuseppina Sciortino, ci catapulta in un claustrofobico mondo fatto da quattro mura domestiche e ancor di più in una dimensione introversa e intima fatta di solitudine e uno stramaledetto mal di vivere, analisi spietata e cinica di una condizione sociale, ma anche individuale di una coscienza sensibile, “l’eroe disfatto, sconfitto, e delirante” grida il suo disagio ad un mondo che corre davvero troppo in fretta e travolge tutti e tutto.
Cinica e senza sconti per nessuno la narrazione, quasi come una testimone oculare Giuseppina racconta i tormenti del protagonista, che reduce di un vissuto chissà, magari esaltante, si ritrova prigioniero di una condizione di solitudine e depressione come un vortice lo catapulta in una condizione tremenda, fino a renderlo alla sua stessa autocritica, un fallito, un relitto, come un guardone spia la poca gente che vede senza essere visto. Si perde la cognizione tra il reale e il visionario, il dubbio che ciò che il libro narra sia cronaca o allucinante delirio di Angelo, ci sta tutto.
La conclusione del romanzo è senza dubbio molto teatrale, da gran finale, senza redenzione e pentimento reale, allucinato e allucinante, spietata analisi di un fallimento lucido e totale forse anche voluto, lascia presagire ma non svela a pieno.
Terapeutica lettura atta a scongiurare un terribile mal di vivere, una presa di coscienza inequivocabile della condizione umana, tutti abbiamo dentro un po’ di Angelo, e questa cronaca di un autodisfacimeto ne esorcizza il sopravvento, poetico e cinico diario di un animo sicuramente sensibile fino a divenire cattivo per compiacere a chi non si aspetta che ciò, “….visto che in ogni esperienza solo la percezione conta….” (Pag. 135 rigo 23/4)
….ne fantastico, ne surreale, ne metafisico, lucido e cinico iperrealismo….
Rosa Giacalone (proprietario verificato) –
Bellissimo libro! L’ho apprezzato molto. E’ stato un piacere leggerlo. Ogni pagina un’emozione. Una storia amara, raccontata con uno stile forbito, a tratti ironico, che coinvolge con un susseguirsi di descrizioni suggestive. Grande abilità nel raccontare gli stati d’animo del protagonista. Un’analisi minuziosa che induce anche il lettore a riflessioni e introspezione. Complimenti!!
Sara (proprietario verificato) –
“E si sa che per gli ingenui e i sognatori c’è poco da fare.” Questa è la frase del libro, che più ho amato, ed è con questa frase che voglio presentarvelo.
Se avete voglia di andare oltre le mura, le facciate delle case, l’esteriorità, oltre quello che “si vede”, aprite questo libro ed entrate nel mondo di Angelo, un mondo fatto solo di “interiorità”.
È all’interno della sua casa, della sua stanza che si svolge la narrazione e l’interno della sua anima, della sua mente, è la linea profonda che guida il lettore lungo la strada fatta di pagine.
Lettore che dev’essere pronto a mettere i piedi in quella stanza, dove probabilmente nessuno vorrebbe entrare.
Il viaggio nella vita amara di Angelo è condotto dalla scrittrice in modo deciso, senza sbavature, vi prende per mano dalla prima pagina e vi conduce fino alla fine senza che neanche ve ne rendiate conto.
Buon viaggio di lettura agli ingenui, i sognatori e…i coraggiosi.
Complimenti!
Cristina Liakos –
Mi chiamo Angelo Vinci ho quasi 40 anni, occhi verdi e tanti capelli bianchi e sono nato a Natale.
Angelo ha la capacità allucinante di attirarti negli abissi tenebrosi della sua triste ma affezionata quotidianità. Ci sei dentro anche tu, assorbito da questo suo malessere positivo. Si positivo. Positivo perché è l’unica realtà che riesce a vivere e a rassicurarlo. La sua vita ritmata dall’attenzione ora ai movimenti di Grazia, ora al mondo dei suoi vicini è la sola che lo appaga. Pochi ricordi quelli che emergono dal suo passato, questo denota la poca attenzione che rivolgeva alla sua apparentemente ricca vita al di fuori dalla roccia alessandrina.
Minuziosi invece i particolari della sua povera vita emotiva, che vive nel presente, l’unica in cui si riconosce veramente. Talmente forte è, infatti, il legame con questa realtà che, nascondendosi dietro una finta incapacità in termini di reattività, sostenuta e giustificata anche dalla terminologia medica, rifiuta di rinunciare ad abbandonare per sempre.
Angelo si vergogna di dire che lui in realtà ama tutto quello che lo circonda, da Graziella, ad Anna, la cui morte lo ha gettato nello scoraggiamento profondo, ai Giglia, alle sorelle e a ogni singolo lampione che illumina l’unica strada che vuole percorrere…il corso. Con fierezza pronuncia a chi gli chiede dove fosse stato.. che non si è mai mosso dal paese. È fierezza quella.
A che serve muoversi per poi tornare, meglio stare dove si è e partire con la mente per dove si vuole…
Questo è Angelo Vinci nato a Natale.
Un uomo la cui anima è tormentata dalla paura che qualcosa attorno a lui cambi.
Domenica De Marco –
“Una girandola che lentamente ed inesorabilmente corre e si rincorre in un crescendo di emozioni, cromaticità, verità”.
Questa è l’ immagine che mi è apparsa nitida mentre le pagine scorrevano e la creavano nella mia mente come in un disegno naturale delle cose.
“L’obiettore di coscienza” è come una rosa del deserto: cristallizzato, detentore di una complicata bellezza da cogliere con gentilezza.
Alberto (proprietario verificato) –
n una famosa canzone degli ’80, Lucio Battisti si chiedeva: “Ma che sapore ha una vita mal spesa?”, ecco, la risposta prova a darcela Giusi Sciortino con il suo “L’obiettore di coscienza”, raccontando, attraverso una scrittura di assoluta qualità, l’universo – solo apparentemente piatto – di Angelo Vinci.
Costui è un quarantenne auto-confinatosi in casa perché affetto da quella che lui stesso definisce la malattia dei falliti. In realtà, medici pubblici distratti e antipatici – nell’accezione oppositiva all’empatia – lo ritengono un depresso. Ma Angelo è potenzialmente molto di più: attraverso quello che ci racconta in un climax ascendente si rivela un po’ schizofrenico (vede e sente dissonanze e presenze disturbanti e quasi sempre terrifiche) e altrettanto paranoico (colpevolizza e condanna conoscenti senza concedere loro giusti processi), certamente affetto da antropofobia.
Ma forse, per noi che abbiamo bisogno di razionalizzare comportamenti e pensieri non allineati, Angelo è solo uno che, da persona ipersensibile, trova meccanismi di protezione nell’ obiettare e rifiutare a priori di giocare la vita secondo le regole imposte dalla socialità. Si potrebbe definire un esistenzialista per difesa. Il protagonista, tuttavia, sovverte il punto di vista e addirittura compatisce chi, come sua zia, trova nei comportamenti convenzionali un’ottusa salvaguardia del proprio vivere.
Ogni scena, ogni ritratto, ogni considerazione che Angelo svela arriva diretta e nitida al lettore. Qui si manifesta tutta la sensibilità, il grande talento e la sapiente tecnica dell’autrice che riesce a dosare perfettamente i toni narrativi senza mai eccedere eppure creando una pienezza espositiva nella quale il lettore trova totale immersione. Tutta la narrazione è un equilibrismo compiuto tra il dramma di una sofferenza senza speranza e la levità derivata dalle situazioni. Come se la vita non fosse osservatrice disinteressata ma “bulla” che si divertisse a ridicolizzare la vittima di turno.
Una prova d’autore veramente riuscita. Un libro da leggere con grande soddisfazione del cuore e della mente.