Benedetta Sanna – Anatomia che splende

Corpi che sono il nostro ovunque, corpi del nostro sempre. Defunti, vitali, miracolati: corpi di un’anatomia complessa e quotidiana, che dal dito della mano risale il braccio, si infila nello sterno, percorre cervello e sbuca in cuore e tremolio di gambe. È l’anatomia che splende, l’inno al corpo che è inno alla fragilità, al passo che arretra, al pensiero vacillante. Non sono corpi puliti, non sono corpi lieti, non sono corpi dorati, questi che splendono: sono corpi feriti e derelitti, sono corpi di memoria. Corpi schiavi delle leggi precedenti, un insieme di parti malamente assemblate che si confrontano con il continuo smembramento odierno. Il mondo è rimasto osso, e a rosicchiarne i resti c’è la possibilità poetica, uno splendore nuovo che appartiene a chi rinasce, quotidianamente, da questi resti-versi. A questi corpi splendenti è dedicata ogni poesia: a chi resuscita dalla depressione, a chi affronta le malattie neuro-degenerative, a chi non vive la propria infanzia. Ai corpi che si sono odiati, feriti, guardati allo specchio e mai riconosciuti. Ai corpi urbani delle metropoli, o a quelli stanchi delle province, entrambi ingannati e costretti. Ai corpi dorati dei potenti della terra, ai corpi dei braccianti sfruttati e abbandonati nelle strade dell’Italia. A tutti i corpi incontrati.